La Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo il quale, in tema di deducibilità dei contributi previdenziali versati dal titolare dell’impresa familiare nell’interesse dei collaboratori, l’imprenditore ha solo diritto di rivalsa nei confronti del beneficiato, potendo invece dedurne l’importo dal proprio reddito nella sola ipotesi in cui si tratti di familiare compreso nell’art. 433 c.c.. e a condizione che sia a suo carico (Ordinanza 21 dicembre 2020, n. 29207). Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione riguarda l’impugnazione della cartella di pagamento con la quale, in esito al controllo formale della dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle Entrate ha recuperato a tassazione gli oneri, dichiarati e dedotti dal contribuente, relativi a contributi previdenziali corrisposti in favore dei collaboratori dell’impresa familiare. La decisione è stata confermata dalla Corte di Cassazione, affermando che in materia di impresa familiare, i contributi previdenziali versati dal titolare nell’interesse dei collaboratori, possono essere dedotti dal proprio reddito nella sola ipotesi in cui si tratti di familiare compreso nell’art. 433 c.c.. e a condizione che sia fiscalmente a suo carico. In caso contrario, l’imprenditore ha solo diritto di rivalsa. In conclusione, salvo che per l’ipotesi di familiari a carico, per tutte le altre ipotesi la deducibilità dei contributi previdenziali spetta a coloro per conto dei quali l’imprenditore abbia versato i contributi, mentre all’imprenditore medesimo spetta solo il diritto di rivalsa. Peraltro, il diritto alla deduzione può essere esercitato dai collaboratori a condizione che il titolare dell’impresa familiare abbia esercitato il diritto di rivalsa, perché diversamente verrebbe riconosciuto al coadiutore un doppio beneficio, il versamento dei contributi a suo favore da parte dell’imprenditore e la deduzione ai fini fiscali dei medesimi contributi dal proprio reddito.
Su ricorso del contribuente, che ha sostenuto il diritto alla deduzione per non aver esercitato la rivalsa nei confronti dei collaboratori, i giudici tributari hanno affermato che la deduzione in capo a colui che versa i contributi previdenziali è possibile unicamente nell’ipotesi in cui il familiare sia fiscalmente a carico ed al contrario i contributi versati da un terza persona sono deducibili in capo al diretto interessato solo se sia stata effettuata la rivalsa da colui che ne ha diritto.
Secondo i giudici, inoltre, nel caso del titolare dell’impresa familiare, obbligato al versamento dei contributi in favore dei familiari che collaborano nell’impresa, non è mai possibile dedurli neppure se di fatto non ha esercitato la rivalsa, salvo che i collaboratori familiari non siano fiscalmente a carico.
I giudici della Suprema Corte hanno preliminarmente osservato che in base alla normativa (art. 10 del TUIR), tra gli oneri deducibili dal reddito imponibile IRPEF sono compresi i contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi”. Tali spese sono deducibili anche se sono state sostenute per le persone indicate nell’art. 433 c.c., se fiscalmente a carico.
La disciplina in materia di impresa familiare stabilisce, invece, che il titolare dell’impresa artigiana o commerciale è tenuto al pagamento dei contributi, per se e per i coadiuvanti e coadiutori, salvo diritto di rivalsa.
Dunque, in considerazione di ciò:
– con espresso riferimento ai contributi previdenziali, l’imprenditore che ne sopporta l’onere può dedurli nella sola specifica ipotesi in cui il collaboratore per il quale è stato eseguito il versamento sia uno dei soggetti indicati nell’art. 433 c.c.. e solo a condizione che si tratti di familiare comunque a suo carico. Di conseguenza, quando il familiare collaboratore non sia a carico del titolare dell’impresa, la deducibilità è preclusa a quest’ultimo;
– il titolare dell’impresa, quanto ai contributi versati per il suo collaboratore, ha solo “diritto di rivalsa” sul beneficiato.