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Mancata corresponsione della retribuzione con strumenti tracciabili: inapplicabilità del cumulo giuridico

Con nota 15 aprile 2021, n. 606, l’Ispettorato nazionale del lavoro fornisce chiarimenti in merito alla possibilità di applicare l’istituto del cumulo giuridico ex art. 8 della L. n. 689/1981 al regime sanzionatorio, previsto dall’art. 1, comma 913...

16 Aprile 2021 da Teleconsul Editore S.p.A.

Con nota 15 aprile 2021, n. 606, l’Ispettorato nazionale del lavoro fornisce chiarimenti in merito alla possibilità di applicare l’istituto del cumulo giuridico ex art. 8 della L. n. 689/1981 al regime sanzionatorio, previsto dall’art. 1, comma 913, della L. n. 205/2017, nei casi di mancata corresponsione della retribuzione con strumenti tracciabili, nonché l’art. 8, comma 2 della stessa legge, nei casi di contestazione anche della c.d. maxisanzione, attese le ricadute previdenziali della violazione.

Come noto, a far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi (art. 1, comma 910, della L. n. 205/2017):
– bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
– strumenti di pagamento elettronico;
– pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
– emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
I datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato (art. 1, comma 911, della L. n. 205/2017).
Tali disposizioni, secondo il art. 1, comma 913, della L. n. 205/2017, non si applicano ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni, al lavoro domestico (legge 2 aprile 1958, n. 339), né a quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Al datore di lavoro o committente che viola l’obbligo di cui al comma 910 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.

In seguito alla richiesta di parere, concernente la possibilità di applicare l’istituto del cumulo giuridico ex art. 8 della L. n. 689/1981 al citato regime sanzionatorio ex art. 1, comma 913, della L. n. 205/2017, nei casi di mancata corresponsione della retribuzione con strumenti tracciabili, l’Ispettorato nazionale del lavoro, acquisito il parere dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro, ha chiarito quanto segue.
In merito alle concrete modalità operative di contestazione dell’illecito – come già precisato con le precedenti note prot. nn. 5828 e 9294 rispettivamente del 4 luglio e del 9 novembre 2018 – l’illecito si perfeziona ogniqualvolta venga corrisposta la retribuzione in violazione del comma 910 dell’art. 1 L. n. 205/2017, secondo la periodicità di erogazione che, di norma, avviene mensilmente.
La formulazione del precetto lascia intendere che il regime sanzionatorio sia riferito alla totalità dei lavoratori in forza presso il singolo datore di lavoro con la conseguenza che la sua applicazione prescinde dal numero di lavoratori interessati dalla violazione.
In via generale, l’art. 8, comma 1, della L. n. 689/1981, estende alle sanzioni amministrative il sistema del cumulo giuridico già tipizzato in sede penale. Pertanto, se a fronte della stessa azione od omissione vengano violate più volte la stessa norma incriminatrice (concorso omogeneo) o norme diverse (concorso eterogeneo), l’autore degli illeciti è sanzionato con la pena prevista per la violazione più grave, incrementata fino al triplo.
Tale disciplina, però, non è applicabile nei casi di plurime violazioni commesse con altrettante condotte (cfr. Cass. sent. n. 26434/2014; n. 5252/2011; n. 12974/2008; n. 12844/2008) e, nel caso di violazione della disposizione in esame, posta in essere per più mensilità, non può non riconoscersi la sussistenza di una pluralità di violazioni, indipendentemente dalla circostanza che l’illecito si riferisca ad uno o più lavoratori.
Quanto alla applicazione dell’art. 8, comma 2, della L. n. 689/1981, trattandosi di corresponsione della retribuzione in contanti, l’illecito in questione si perfeziona a prescindere da eventuali violazioni di previdenza e assistenza obbligatoria e, quindi, risulterebbe comunque estraneo a detta materia anche nella ipotesi in cui sia stata contestata la violazione ammnistrativa dell’impiego di lavoratori “in nero” con conseguente applicazione della maxisanzione.
In conclusione, non risulta invocabile, per le ipotesi sanzionatorie in commento, l’art. 8, comma 1, in quanto le condotte non sarebbero riconducibili ad una configurazione unitaria; nello stesso tempo, gli obblighi di cui ai commi 910 e ss. e le relative sanzioni sono di per sé estranei alla materia previdenziale e assistenziale cosicché ad essi non risulta applicabile neanche l’istituto di cui all’art. 8, comma 2.
Né può ritenersi applicabile, in via analogica, la normativa dettata dall’art. 81 c.p., in tema di continuazione tra reati, sia perché l’art. 8 della L. n. 689/1981 prevede, come detto, espressamente tale possibilità soltanto per le violazioni in materia di previdenza e assistenza (con conseguente evidenza dell’intento del Legislatore di non estendere la disciplina del cumulo giuridico agli altri illeciti amministrativi), sia perché la differenza morfologica tra illecito penale ed illecito amministrativo non consente che, attraverso un procedimento di integrazione analogica, le norme di favore previste in materia penale vengano tout court estese alla materia degli illeciti amministrativi.

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