Il datore di lavoro, nella sua posizione di garante, ha l’onere di sottoporre ad accurata verifica le misure di protezione dei macchinari utilizzati in azienda, assicurandosi che le stesse siano conformi ai manuali d’uso del produttore, specie nei casi in cui tali misure siano predisposte proprio al fine di prevenire il rischio successivamente concretizzatosi. In tema di sicurezza sul lavoro, emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l’uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie. Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il “garante” è il soggetto che gestisce il rischio e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l’illecito, qualora l’evento si sia prodotto nell’ambito della sua sfera gestoria. Proprio nell’ambito in parola, il d.lgs. n. 81 del 2008 consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.
Nel caso di specie, il tore di lavoro ricorrente era il gestore del rischio e l’evento si è verificato nell’alveo della sua sfera gestoria. E’ stato accertato insindacabilmente che l’infortunio era stata conseguenza di una modifica della struttura di protezione del macchinario – cui era collegato un sistema autobloccante – avente dimensioni diverse rispetto a quelle previste dalla ditta produttrice. Infatti, tale struttura (gabbia) era più alta del dovuto, consentendo così all’operatore di infilare la mano nella zona pericolosa in cui era presente il meccanismo di chiusura del gancio, collocato nella sequenza terminale dell’operazione. Se ne è logicamente desunto come l’evento verificatosi abbia determinato la concretizzazione del rischio oggetto della norma precauzionale, posto che la collocazione più alta della gabbia di protezione aveva determinato la possibilità di inserimento della mano dell’operatore. E’ stata ritenuta inconferente la circostanza, evidenziata dalla difesa del ricorrente, che il libretto d’uso (neppure reperito presso l’impresa) prescrivesse di non inserire le mani oltre il presidio di sicurezza, trattandosi appunto della enunciazione del rischio a tutela del quale la misura tecnico-strutturale della macchina era collocata nella sua originaria veste.
Ed è stato evidenziato come il meccanismo di riparo fosse interbloccato, sicché, nel momento in cui esso subiva contatto o spostamento (per interferenza della mano o del braccio dell’operatore) si determinava il blocco della macchina, mentre il maggior spazio di manovra conseguente al posizionamento più alto della griglia aveva consentito l’introduzione della mano dell’operatore senza alcun arresto emergenziale, come contestato nell’addebito.
I giudici di merito hanno tratto congrue e logiche argomentazioni in ordine alla sussistenza del nesso causale e della responsabilità colposa specifica del prevenuto, per avere installato ed utilizzato un macchinario non in conformità alle istruzioni d’uso (art. 71, comma 4, d.lgs. n. 81/2008) attinenti alla sicurezza dei lavoratori. Costituisce, infatti, preciso onere del datore di lavoro, nella sua posizione di garante, di sottoporre ad accurata verifica le misure di protezione dei macchinari utilizzati in azienda, assicurandosi che le stesse siano conformi ai manuali d’uso del produttore, specie nei casi, come quello in esame, in cui tali misure siano predisposte proprio al fine di prevenire il rischio successivamente concretizzatosi.