Con l’Ordinanza n. 18330 del 25 giugno 2021, la Corte di Cassazione ha affermato che il titolare del diritto reale di nuda proprietà su di un fabbricato, che abbia la disponibilità di fatto del bene, può concedere l’immobile in locazione. In tal caso, i relativi canoni di locazione costituiscono reddito fondiario imponibile ai fini Irpef in capo al locatore nudo proprietario. La controversia trae origine dall’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate ha contestato alla contribuente l’omessa dichiarazione del reddito fondiario derivante dai canoni di locazione relativi ai contratti sottoscritti in qualità di locatrice degli immobili. La decisione è stata impugnata dalla contribuente sia sotto il profilo della imputabilità del reddito, sia in relazione alla riqualificazione dei canoni come “redditi diversi”.
La contribuente ha proposto ricorso sostenendo il difetto di soggettività passiva, in quanto titolare di nuda proprietà e, quindi, priva della disponibilità degli immobili da attribuire all’usufruttuario, mentre la sottoscrizione dei contratti doveva ritenersi “un mero errore”.
I giudici tributari hanno confermato l’atto di accertamento, valorizzando la sottoscrizione dei contratti di locazione ai fini dell’attribuzione dei canoni percepiti e di conseguenza del reddito imponibile in capo al locatore. Tuttavia, in considerazione della qualità di nudo proprietario, i giudici hanno riqualificato i canoni di locazione come “redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente”.
La Corte Suprema ha osservato, preliminarmente, che in riferimento al regime civilistico, la possibilità di concedere in locazione un immobile dipende dalla titolarità della disponibilità di fatto del bene da parte del locatore.
In altri termini, la natura personale del rapporto che si instaura tra locatore e locatario consente a chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, di concederlo validamente in locazione, compreso il nudo proprietario, la cui legittimazione a chiedere l’adempimento dell’obbligo di versamento dei canoni non può essere pertanto contestata dal conduttore convenuto, adducendo l’esistenza della posizione dell’usufruttuario, in quanto essa è estranea al rapporto personale di godimento insorto con la locazione.
In relazione al regime fiscale dei contratti di locazione, la Suprema Corte ha precisato che secondo la previsione del TUIR, i redditi fondiari concorrono a formare il reddito imponibile del percettore ai fini IRPEF, quando il locatore possieda l’immobile a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale. Poiché la nuda proprietà è un diritto reale, essa non rimane esclusa dalla previsione normativa.
La Corte di Cassazione, quindi, ha confermato la legittimità della pretesa tributaria, rettificando però la decisione dei giudici tributari in merito alla riqualificazione reddituale dei canoni di locazione, che anche nel caso in cui il locatore sia il nudo proprietario rimangono nell’alveo dei redditi fondiari.
In conclusione, i giudici della Suprema Corte hanno affermato il principio di diritto secondo il quale: “il titolare del diritto reale di nuda proprietà su di un fabbricato, che abbia la disponibilità di fatto del bene, può concedere l’immobile in locazione, ed i canoni in conseguenza pattuiti concorrono alla quantificazione della sua base imponibile, secondo la previsione generale di cui all’artt. 26 e 29 del TUIR (reddito fondiario).”.