La Corte di Cassazione ha affermato che la scelta di far confluire gli accantonamenti del trattamento di fine mandato dell’amministratore in premi assicurativi per una polizza vita in favore dello stesso non incide sul titolo dell’operazione. Pertanto, i premi sono deducibili dalla società in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, purché la previsione del Tfm risulti da atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo; in caso contrario si applica il principio di cassa. (Ordinanza 16 febbraio 2021, n. 3994). La controversia trae origine dall’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate ha contestato, tra l’altro, l’indeducibilità di premi assicurativi pagati dalla società per polizze vita in favore degli amministratori, in quanto non inerenti all’attività di impresa. La Corte di Cassazione accogliendo la tesi difensiva della società ha riformato la decisione dei giudici tributari, rinviando la questione con la prescrizione di valutare la documentazione prodotta dalla società e, in particolare, la sussistenza o meno di un atto scritto antecedente all’avvio del rapporto e alla individuazione dei beneficiari delle polizze.
I giudici tributari hanno confermato la ripresa a tassazione dei premi pagati per polizze assicurative, ritenendoli investimenti finanziari e non costi.
La società ha impugnato la decisione, eccependo che i premi pagati per le polizze assicurative fossero costituiti dagli importi accantonati nell’esercizio a titolo di trattamento di fine mandato maturato dagli amministratori. Pertanto, ha sostenuto la deducibilità dei premi alla stregua degli accantonamenti del tfm, tenuto conto della circostanza che i beneficiari delle polizze fossero gli amministratori e della previsione in tal senso contenuta nella delibera dell’assemblea dei soci.
I giudici della Suprema Corte hanno osservato che in materia di determinazione del reddito delle società è previsto che gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine mandato degli amministratori sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto (art. 105 del TUIR).
La facoltà delle aziende di decidere di corrispondere agli amministratori, al termine del loro mandato, un’indennità definita “trattamento di fine mandato”, quale compenso aggiuntivo a quello ordinario stabilito dallo statuto sociale ovvero dall’assemblea dei soci e lasciato alla libera contrattazione delle parti, rientra tra i poteri dell’assemblea ordinaria, come sancito dall’art. 2364 cod. civ., se non previsto dalla statuto della società.
Ai fini della deducibilità dei relativi accantonamenti, è richiesto che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto. Soltanto in presenza di atto scritto anteriore all’avvio del rapporto, dunque, può operare il regime di tassazione separata, giacché, in assenza, l’indennità corrisposta in occasione della cessazione del mandato è soggetta, ai fini Irpef, al regime di tassazione ordinaria.
Ciò comporta che le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, previsto in favore degli amministratori delle società, possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, purché la previsione di detto trattamento risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo, trovando altrimenti applicazione il principio di cassa, come disposto dall’art. 95, co. 5, del TUIR, che stabilisce la deducibilità dei compensi spettanti agli amministratori delle società nell’esercizio nel quale sono corrisposti.
Secondo la Corte Suprema, nel caso esaminato, la forma data agli accantonamenti effettuati a titolo di trattamento di fine mandato in favore dell’amministratore unico e del rappresentante, ossia il fatto che essi siano stati fatti confluire in premi di polizze assicurative, non incide sulla disciplina applicabile, costituendo essa una mera modalità dell’accantonamento, non incidente sul titolo dell’operazione.
In conclusione, i giudici della Corte di Cassazione hanno affermato la deducibilità dei premi secondo il principio di competenza, sul presupposto che questi costituiscano un costo certo, determinato in base a criteri oggettivi e inerente all’attività aziendale, essendo gli esborsi destinati a garantire l’erogazione di tali benefici integrativi sopportati dall’impresa in costanza di rapporto lavorativo.